top of page

LA MIA CASA

CASAVIVA.jpg

Una Creatività Vulcanica

Lucia Bocchi

1 nov 1991

Alle falde dell'Etna Antonino Torrisi lavora ad arte la pietra lavica seguendo sia l'immaginazione che la tradizione

Si apre su una strada, nel centro del paese di Trecastagni, il laboratorio dove Antonino Torrisi lavora con pazienza e fantasia, in parti uguali, la durissima lava dell'Etna. Invece della scena in nero che ci si potrebbe aspettare, la polvere imbianca, anzi ingrigisce, omogeneamente, uomini e cose della bottega artigiana; ma basta una secchiata d'acqua e ricompare il tipico nero, ora levigato, ora corrugato e poroso, che caratterizza tutta la zona: dalla montagna al mare, dal fondo delle strade antiche ai portali delle case e delle chiese. "Ero un ragazzo di cava", spiega Antonino Torrisi, "ma già a dieci anni la testa mi diceva che dovevo creare qualcosa con la lava, non restare manovale a vita. Così mi mettevo di lato e scalpellavo le forme che la pietra stessa mi suggeriva". Torrisi ha quindi imparato l'arte da sè, anche perchè già a quei tempi la lavorazione della pietra lavica si andava affievolendo.

FORME FANTASTICHE. E nel giardino-magazzino sul retro del suo laboratorio, si coglie subito questa originalità creativa: tra il fico, la palma e gli alberi di agrumi, sono in rassegna forme fantastiche, fatte affiorare dai blocchi lavici. C'è un gruppo che è una lotta tra un serpente, un cane e un pesce; animali accostabili in una simbologia mitologica che sembra spontanea in Antonino Torrisi. In un'altra scultura, i raggi del sole diventano una coda di cavallo alato. Il loro autore, con parlata da siciliano del vulcano e un retaggio normanno negli occhi chiari, spiega la sua ispirazione con un'essenziale "io vedo"; vede, cioè riconosce le forme dentro la pietra lavica che per sua natura si presenta molto varia.

ALLA RICERCA DELLA PIETRA NERA. Questo comporta una ricerca costante, da parte di Torrisi, dei blocchi che lo possano interessare, nelle cave ma non solo. Anche lo scavo per una nuova costruzione può riservare buone sorprese, così da una trivellazione egli ha ricavato dei cilindri in pietra lavica che ha poi trasformato in enigmatici totem. Ma nel lavoro di Torrisi, oltre all'inclinazione spiccatamente artistica, c'è anche una lunga esperienza d'artigianato e la padronanza della tradizione decorativa: "Ho cominciato a farmi conoscere perchè ancora giovanissimo, ho contribuito, con alcuni particolari in pietra lavica, al restauro della Chiesa Madre di Trecastagni. E in vita mia ho lavorato un numero infinito di 'basole', i blocchi a parallelepipedo che servono a lastricare le strade". Nelle sue ricerche intorno al vulcano rientrano anche le case antiche che vengono demolite; queste contengono infatti un tesoro di portali, balconi, camini. Così, agli architetti come ai privati, egli si presenta anche in veste di antiquario della pietra lavica, oppure di restauratore attento. Quando invece lavora un pezzo di sua spontanea iniziativa Torrisi ha un approccio particolare, non pedissequo rispetto alla tradizione.

I MASCHERONI SCARAMANTICI. I migliori testimoni di ciò sono degli strani oggetti tutta-testa allineati all'ingresso della sua esposizione. Impossibile, vedendoli con le loro orecchie sproporzionate, gli occhi spiraliformi e la lingua fuori, non pensare a idoli Inca o a maschere africane. "Sono invece i parenti prossimi dei mascheroni che venivano posti come chiave di volta dei portali. La lingua era scaramantica, faceva lasciare fuori dalla casa i 'mali pensieri' a chi ne varcasse la soglia".

LAVA CHIARA E LAVA SCURA. Gli strumenti moderni, come la punta diamantata e il disco rotante, permettono di lavorare anche la lava più chiara e più dura, quella che si ricava in profondità nelle colate che possono essere alte una decina di metri e più. "Si vede in giro molta lava chiara e io stesso la lavoro per i manufatti più moderni. Un tempo la lava utilizzabile era solo quella nera, quella che in fondo io preferisco perchè dà un senso di antico". Antonino Torrisi allude ad un certo rifiorire dell'uso della pietra lavica nell'architettura delle case, delle finiture di facciata, ai gradini, ai camini e anche all'arredo urbano. Ma si tratta per lo più di lastre e pezzi lavorati solo dalle macchine, che non conoscono la paziente e precisa impronta dello scalpello artigianale di Torrisi. "Mi capita di lavorare altre pietre siciliane chiare, come la pietra di Comiso e di Siracusa, ma per me sono tenere come il legno. Il mio polso risulta sprecato". La maestria manuale si legge sulle superfici scanalate finemente della base dei suoi tavoli, nei piedistalli, nei frontali di camino, nelle fontane dal disegno stilizzato. Nella sua creatività c'è quindi spazio per l'antico e per il contemporaneo.

POP ART E SCALPELLO. Da non confondersi però con l'altra sua vena che con termine che qui suona un pò astruso si potrebbe definire pop-art. Per una certa ispirazione colta nell'immediato e nel vissuto, così una bottiglia di liquore sagomata è la musa per una stele faraonica; così all'ingrosso del laboratorio campeggia un'imponente scultura che è in realtà l'agglomerato di grossi ciottoli marini intagliati. Ogni ciottolo circoscrive i simboli di una visione cosmica alla Torrisi: il mondo è l'Italia con una Sicilia ingrandita, il sole, la luna e accanto un orecchio (simbolo del senso dell'udito o del vento), infine c'è Laika, la cagnetta in orbita, che si affaccia al suo oblò spaziale. La lava si presta a questi esercizi d'immaginazione perchè, pur essendo pietra, rimanda alla sua natura primigenia di fuoco e magma fluido."Io vado a vedere le eruzioni, mi piace la lava che scende di notte", con queste parole Antonino Torrisi sigla il suo legame con il vulcano.

bottom of page